Si moltiplicano ai danni degli utenti finali (famiglie e imprese) le telefonate, spesso anche molto aggressive, con cui si viene sollecitati a effettuare il passaggio pena il rischio di sanzioni o, peggio, di un blocco della fornitura energetica

Il pressing degli operatori rispetto al passaggio dalla maggior tutela al mercato libero per le bollette di luce e gas non accenna a diminuire nonostante lo slittamento della data prevista per l’addio al regime di prezzi calmierati fissato ora al 1° gennaio 2022 dall’ultimo decreto Milleproroghe. Si moltiplicano così ai danni degli utenti finali (famiglie e imprese) le telefonate, spesso anche molto aggressive, con cui si viene sollecitati a effettuare il passaggio pena il rischio di sanzioni o, peggio, di un blocco della fornitura energetica. Sollecitazioni che spingono spesso i clienti a cambiare per il timore di incappare in problemi o richiami e a sottoscrivere contratti poco vantaggiosi ma fatti passare come proposte dal risparmio assicurato. Ma come difendersi dalla giungla di offerte? Ecco quello che occorre sapere per gestire il passaggio al mercato libero senza traumi.

Cosa significa maggior tutela?

Innanzitutto è bene chiarire cosa si intende per maggior tutela e quanti sono attualmente gli utenti finali interessati. I servizi di tutela di prezzo rinviano a condizioni economiche e contrattuali fissate dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente presieduta da Stefano Besseghini: i prezzi riflettono le condizioni prevalenti nel mercato all’ingrosso e si riferiscono solo alla fornitura della materia prima perché questo tipo di regime non include, diversamente da quello che accade nel mercato libero, servizi aggiuntivi. Attualmente, secondo gli ultimi dati forniti dall’Arera, nel mercato finale della vendita di energia elettrica, il mercato libero ha raggiunto il 52,1% dei clienti finali (era del 46,2% nel 2018), lasciando quindi al servizio di maggior tutela ancora circa la metà (47,7%) del mercato. Nel gas, invece, il 2019 è stato il primo anno in cui la quota maggiore della clientela (58,6%) ha optato per il mercato libero (46,8% nel 2018), mentre il 41,4% si è rivolto al mercato tutelato (53,2% nel 2018).

Il passaggio al mercato libero scatterà per tutti nel 2022?

La normativa ha previsto un passaggio in più tappe per l’addio al mercato tutelato: per le piccole imprese la data è fissata al 1° gennaio 2021, mentre per famiglie e micro-imprese la transizione scatterà il 1° gennaio 2022. Le famiglie e le piccole imprese hanno già ora la facoltà di passare dal mercato tutelato al mercato libero, dove è il cliente a decidere quale venditore e quale tipo di contratto scegliere, selezionando l’offerta ritenuta più adatta alle proprie esigenze. Vale la pena di ricordare che, dal gennaio 2018, i clienti finali che si trovano nel mercato tutelato già ricevono, secondo modalità definite dall’Autorità, informative da parte del proprio venditore in relazione al superamento delle tutele di prezzo (ad esempio, comunicazioni in bolletta nella sezione dedicata all’Autorità).

Quali imprese dovranno migrare a gennaio prossimo?

Si tratta delle aziende titolari di punti di prelievo connessi in bassa tensione con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 50 unità e un fatturato annuo tra i 2 e i 10 milioni di euro o che abbiano un punto di prelievo con potenza contrattualmente impegnata superiore a 15 kilowatt. Per le imprese che, al primo gennaio, non avranno ancora individuato l’operatore del mercato libero verso cui migrare, scatterà l’assegnazione al servizio a tutele graduali: l’assegnazione avverrà in modo provvisorio per il semestre 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 per gli esercenti della maggior tutela che già servono il cliente e, successivamente sarà disciplinata attraverso procedure concorsuali con i fornitori selezionati (assegnazione a regime).

In caso di mancata scelta scatta l’interruzione della fornitura?

Il passaggio al mercato libero andrà effettuato entro la scadenza fissata dalla legge. E, se ciò non avverrà, non ci saranno problematiche particolari nel caso di mancato abbandono del regime di maggior tutela. In sostanza, dopo che i servizi di tutela di prezzo saranno cessati la continuità della fornitura sarà comunque garantita ai clienti di piccola dimensione che non avranno ancora un contratto nel mercato libero, in modo che non subiscano alcuna interruzione durante il periodo necessario a trovare una nuova offerta. Una volta individuata l’offerta in grado di intercettare le proprie esigenze, i clienti stipuleranno un nuovo contratto di fornitura che sostituirà il precedente. Sarà il nuovo venditore a inoltrare la richiesta di risoluzione del vecchio contratto (recesso) al venditore precedente. E il recesso potrà scattare in qualsiasi momento senza oneri aggiuntivi e lo stop della fornitura in corso.

Cosa accade alla scadenza se non si è effettuata la scelta?

Per gli utenti che non avranno individuato un operatore del mercato libero al 1° gennaio 2022, il percorso, ancora tutto da costruire, prevede l’assegnazione di famiglie e microimprese al cosiddetto “servizio di salvaguardia” mediante il ricorso a procedure concorsuali (le aste) e con condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero. Il meccanismo per certi versi replicherà quello già a messo a punto per le piccole imprese che migreranno, come detto, il prossimo gennaio.

Come si fa a orientarsi nella giungla delle offerte?

Per chi intende effettuare il passaggio al mercato libero, ci sono una serie di strumenti per individuare il profilo di offerta più in linea con i propri consumi oltre ad alcuni supporti informativi che l’Autorità per l’energia ha messo a punto al fine di fugare tutti i dubbi sul funzionamento del mercato libero. Sul fronte delle offerte, i clienti finali interessati al cambio del venditore possono consultare il portale Offerte (voluto dall’Arera, realizzato e gestito dall’Acquirente Unico) che mette a disposizione le offerte di energia elettrica e gas in modo da agevolare la possibilità di un confronto per l’utente finale. È l’unico comparatore pubblico disponibile sul web dove abbondano invece i siti di confronto tra le offerte gestiti da operatori privati. Per informazioni, invece, è possibile contattare lo sportello per il consumatore gestito dall’Arera (800 166 654 attivo dalle 8 alle 18 dal lunedì al venerdì, esclusi i festivi).

L’ Arera contatta i clienti finali per sollecitarli a migrare?

Assolutamente no, l’Autorità per l’energia non contatta per telefono i clienti finali né manda i propri rappresentanti al domicilio degli stessi. Bisogna prestare molta attenzione alle possibili truffe telefoniche e non o occorre essere sempre molto prudenti davanti alle chiamate di sedicenti operatori che propongono nuove offerte. Per evitare brutte sorprese, è bene chiedere sempre un riscontro scritto dell’offerta che viene formulata per avere il tempo di valutare attentamente condizioni contrattuali e prezzi.

 

Fonte: di Celestina Dominelli - www.ilsole24ore.com

Chi non ha pagato il canone Rai quest’anno rischia una multa salatissima, fino a dieci volte il canone stesso. Questa particolare tassa che gli italiani pagano per la rete pubblica deve essere contribuita da chi è in possesso di una televisione e sia al contempo titolare di una utenza elettrica. L’Agenzia delle entrate dice: “È tenuto al pagamento del canone chiunque detiene un apparecchio televisivo. Per apparecchio televisivo si intende un apparecchio in grado di ricevere, decodificare e visualizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente – in quanto costruito con tutti i componenti tecnici necessari – oppure tramite decoder o sintonizzatore esterno”.

In molti evitavano di pagare il canone Rai e, per ovviare al problema, si decise nel 2016 di addebitare la tassa direttamente sulla bolletta della luce. Gli italiani si ritrovano quindi, sulle loro bollette, i soldi da dover pagare per la corrente elettrica e in più le 9 euro che si pagano del canone per dieci mensilità. Non sono previste modifiche per il 2021. Chi non è in possesso di una televisione ma è titolare di una utenza elettrica, può decidere di non pagare la tassa lasciando in bianco quella parte del pagamento indicato sulla bolletta. Sarà compito dell’Enel, o chi per lei, avvisare l’azienda.

La società che fornisce l’elettricità sarà tenuta a comunicare il pagamento dell’imposta all’azienda radiotelevisiva. Per ogni comunicazione mancante, la società sarà tenuta a pagare 30 euro di multa all’anno. Chi invece non ha pagato il canone Rai pur disponendo di una televisione in casa, rischia una sanzione che va dai 200 ai 600 euro. Oltre alla multa pecuniaria si rischiano anche 2 anni di carcere. Questo può accadere in caso il cittadino abbia falsificato l’autocertificazione, dichiarando di non possedere l’apparecchio televisivo, e violando quindi la legge 445.

Se si è in possesso di una televisione ma non si è titolari di un contratto di utenza elettrica, bisogna ugualmente pagare il canone Rai ogni anni, entro il 31 gennaio, tramite il modello F24. Dunque il cittadino dovrà provvedere autonomamente e se non lo fa può incorrere nella salata multa. Devono fare attenzione anche gli abitanti di quei comuni che non sono allacciati alla rete elettrica nazionale e chi quindi non riceveranno l’importo della tassa sulla loro bolletta. Nello specifico, si tratta di chi abita a: Cudi, Capraia, Capri, Favignana, Filicudi, Giglio, Lampedusa, Levanzo, Linosa, Lipari, Marettimo, Panarea, Pantelleria, Ponza, Salina, Stromboli, Tremiti, Ustica, Ventotene, Vulcano.

Sono esentati da pagamento del canone Rai le persone che hanno più di 75 anni e un reddito annuale inferiore o pari a 6713 euro. Chi supera tale reddito, per non pagare, deve avere dei collaboratori domestici fissi. Non sono tenuti al pagamento, invece, i cittadini che non hanno la televisione in casa, ma anche questi devono presentare ugualmente l’autodichiarazione apposita. Non rientrano tra gli apparecchi televisivi i tablet e i Pc che comunque permetto di visualizzare i contenuti trasmessi in chiaro dalla Rai. Attenzione alle bollette e a quei 9 euro annuali in più.

 

Fonte: www.piudonna.it

In questo articolo vogliamo rispondere in 2 minuti ad un dubbio che affligge molti italiani.

Ovvero, se non pago il canone Rai mi staccano la corrente? Quello che devi sapere te lo diremo nelle prossime righe. Dal 2016, la Legge di Stabilita’ proposta dal governo Renzi, ha introdotto alcune novità sul pagamento del canone Rai. Per prima cosa, il canone è dovuto da chiunque possieda un apparecchio televisivo. La norma presuppone che chi abbia un’utenza di energia elettrica intestata possieda anche una televisione.

Inoltre, il canone Rai verrà pagato con addebito nella fattura relativa ai consumi di energia elettrica. Per quanto riguarda l’importo, la normativa del 2016 ha previsto l’aumento a 90 euro della bolletta riferita alle abitazioni di residenza. Se vuoi sapere quanto tempo devi conservare le bollette pagate puoi leggere un nostro approfondimento in merito.

Una tassa non molto amata dai cittadini

In questo momento di grande difficoltà economica, anche il pagamento del canone può essere un problema. Senza contare che ci sono anche persone che decidono di non detenere in casa alcun apparecchio televisivo. In questo caso la legge esonera dal pagamento. Dovremo semplicemente presentare un’autocertificazione. Questo documento è fondamentale in quanto per legge vige la presunzione di detenzione di apparecchio televisivo. Tale dichiarazione andrà depositata presso l’Agenzia delle Entrate e avrà validità solo per l’anno in cui è stata presentata. Ricordiamoci però che anche solo essere titolari di un abbonamento Internet obbligherà al pagamento del canone. Abbiamo detto che canone e bolletta elettrica viaggeranno insieme.

 

Ma cosa succede se nessun membro della famiglia è titolare di un’utenza elettrica? In quest’ultimo caso il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico pubblicato nel 2016 in Gazzetta Ufficiale prevede il pagamento del canone in un’unica soluzione. Dall’anno 2017 il pagamento deve avvenire entro il 31 gennaio.

Se non pago il canone Rai mi staccano la corrente? Quello che devi sapere

Ebbene, gli operatori energetici non potranno interrompere la fornitura in caso di mancato pagamento del canone. Il fornitore che eroga il servizio di corrente elettrica non può rifiutare il pagamento parziale e soprattutto non può sospendere il servizio. In questo caso specifico non sarà necessaria nessuna dichiarazione o richiesta da inoltrare al fornitore di energia elettrica. Il pagamento della bolletta, anche se comprensiva sia dei costi di servizio elettrico che del canone, verrà imputato prima ai consumi di corrente. Quali conseguenze, quindi, se non paghiamo il canone ma solo la corrente? In questo caso riceveremo un sollecito di pagamento relativo all’importo del canone.

 

 

Fonte: www.proiezionidiborsa.it

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(Teleborsa) – Multa di 2.875.000 euro da parte dell’Antitrust nei confronti di Enegan per la fatturazione di oneri di elettricità e gas non dovuti dagli utenti. L’authority ha concluso il procedimento “accertando l’adozione, da parte della predetta, di una pratica scorretta nell’ambito della fornitura di servizi di energia elettrica e gas, consistente sia nella fatturazione, di diverse voci di costo e penali per recesso non dovute dagli utenti, sia nell’omissione d’informazioni rilevanti e trasparenti sulla natura di tali oneri”.

In particolare, si legge “Enegan, in caso di recesso contrattuale, ha addebitato agli utenti oneri a titolo di recupero dei costi di attivazione che rappresentavano, viceversa, delle penali per l’uscita dal contratto, che la Società stornava in fattura solo a seguito dei reiterati reclami della clientela”.

La società, inoltre, ha proceduto ad addebitare agli utenti ulteriori oneri erroneamente determinati (oneri amministrativi), o non previsti dai contratti sottoscritti dagli stessi (oneri perequativi), oppure in contrasto con la disciplina vigente (oneri postali).

In altri casi, Enegan ha modificato unilateralmente le condizioni economiche dei contratti, senza inviare una comunicazione preventiva, impedendo ai propri clienti di recedere senza spese dal contratto di fornitura, in caso di mancata accettazione delle variazioni economiche.

L’emissione di fatture inclusive di tali oneri impropri ha generato moltissime lamentele da parte degli utenti che Enegan riteneva, nella maggior parte dei casi, fondate. Ed infatti, nel riscontrare i reclami, essa riconosceva che gli oneri contestati erano “non dovuti” e derivavano da disfunzioni o anomalie del sistema di fatturazione, sino a procedere al relativo storno.

Prima della chiusura del procedimento Enegan – precisa l’Antitrust – ha comunque assunto importanti misure a favore dei consumatori, volte a modificare la propria politica di fatturazione, in particolare eliminando le clausole che, in caso di recesso degli utenti, consentivano alla Società di addebitare oneri aggiuntivi (penali) o di revocare gli eventuali sconti e benefici concessi al cliente in fase contrattuale.

 

Fonte: IL MESSAGGERO.IT

Alcuni politici lo avevano annunciato e la stampa ne aveva fatto eco, ma la ventilata sospensione delle bollette di luce, acqua e gas non è entrata nel decreto «Cura Italia», approvato dal governo per contrastare gli effetti economici dell’epidemia di Covid-19. «Abbiamo ragionato sulla riduzione delle bollette», aveva spiegato lunedì scorso il viceministro all’Economia, Antonio Misiani, «ma si sarebbe andati oltre il nostro spazio di copertura». Che come si sa consiste, almeno per il mese di marzo, di una dotazione di 25 miliardi di euro.

I comuni dell’ex «zona rossa»

Questa «non sospensione» non riguarda però gli 11 comuni che per primi sono stati colpiti dall’emergenza coronavirus: 10 in Lombardia (Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Codogno, Castiglione d’Adda, Fombio, Maleo, Somaglia, San Fiorano, Terranova) e uno in Veneto (Vo’). L’originaria «zona rossa», infatti, era stata oggetto di uno dei primi provvedimenti per arginare l’epidemia. Per questa area il decreto legge n. 9, approvato il 28 febbraio, aveva stabilito la sospensione delle bollette di luce, gas, acqua e rifiuti fino al 30 aprile. Il compito di attuare la sospensione è stato affidato all’Arera, l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente.

Il canone Rai

Per gli 11 comuni dell’ex «zona rossa» è stato sospeso anche il pagamento del canone Rai. Una prima bozza del decreto «Cura Italia» prevedeva la sospensione, almeno parziale, anche per il resto del Paese, ma la mancanza di copertura ne ha visto lo stralcio prima della pubblicazione in Gazzetta. Dunque, solo gli 11 comuni non dovranno pagare il canone Rai fino a maggio. Da quel momento, il recupero avverrà in un’unica rata, senza sanzioni e interessi, nella prima bolletta utile pagata alla fine del periodo di sospensione.

Sospensione per gli utenti morosi

Ma se il governo non ha potuto sospendere le bollette, in alcuni casi ci hanno pensato le aziende erogatrici dei servizi, come Acea, A2A, Hera e Iren, a offrire un aiuto agli utenti più in difficoltà, proponendo delle rateizzazioni ed evitando di interrompere l’erogazione in caso di mancato pagamento. Intanto, l’Arera ha deciso di rinviare al 3 aprile le procedure di distacco per i clienti morosi con contratti elettrici a bassa tensione e, nel caso di quelli relativi al gas, con consumi non superiori a 200 mila metri cubi standard.

 

 

 

 

fonte:https://www.corriere.it/economia